Bisogna partire dal mare.
In un vecchio volume che tratta di semafori e fanali marini disposti sulla costa romagnola c’è rimasta una piccola traccia. C’era un semaforo, così lo chiamavano, in effetti un faro, usato anche postazione di avvistamento con scopi militari proprio qui a valle del fiume dove ora c’è un piccolo stabilimento balneare.. Ebbe rilevanza strategica durante il primo conflitto mondiale per la vicinanza con la base aeronavale di Pola città istriana dell’attuale Croazia.
Nella Seconda guerra Mondiale fu utilizzato come postazione di avvistamento e utilizzato dalle truppe tedesche dalla fine del 1943 fino alla liberazione degli alleati (VIIIa armata inglese) nel mese di novembre 1944. Era utile per avvistare navi nemiche o formazioni aeree che giungevano dal mare per poi raggiungere gli obiettivi nell’entroterra. Nel periodo successivo la guerra, la struttura che non aveva più alcun scopo venne abbandonata, così iniziò il suo degrado.
L’attuale Lido di Dante, isolato dalla città di Ravenna, era allo stato naturale e frequentato solo da pescatori che spiaggiavano le imbarcazione lungo il fiume e vendevano il proprio pescato ai negozianti di Ravenna.
Siamo attorno agli anni ‘50. Il mare era ancora a molti metri dal semaforo, i relitti insabbiati creavano una barriera che si riempiva via via di sabbia. In quegli anni si racconta che il mare fosse molto pescoso con parecchie varietà di pesce e i pescatori che provenivano dalle cittadine meridionali della costa romagnola per una decina di anni fecero della sponda destra del fiume la loro base, costruendo i loro ripari con i resti dei canneti, cucinando il pesce su bracieri improvvisati. Immaginiamo che richiamassero i più avventurosi perché giungere fino in quel punto non era certamente semplice.
Esistevano solo sentieri, il luogo era completamente immerso nella natura, tutto era probabilmente un groviglio di vegetazione. La storia ci racconta che alla fine degli anni ‘50 dietro la costruzione in abbandono del semaforo vi fosse la presenza di un locale pubblico: il Bar Flora, che fu il primo stabilimento balneare di Fiume Uniti: così era conosciuta la località.
Tra le poche costruzioni presenti in quegli anni anche il presidio della Guardia di Finanza che svolgeva un compito di controllo su un tratto di costa poco abitato dove operavano i contrabbandieri di sigarette. Il Bar Flora, nella stagione balneare, la sera si trasformava in sala da ballo che attraeva inevitabilmente la gioventù locale proveniente in massima parte da Classe e Ravenna. Nonché dalle zone limitrofe. L’attrazione maggiore era fornita dalle turiste tedesche che frequentavano il vicino campeggio. I resti del semaforo vennero definitamente abbattuti alla fine degli anni ‘60. Oramai il suo stato era un pericolo per tutti.
In quel periodo la località Fiume Uniti non era classificata dal Comune di Ravenna come centro abitato ma qualificato come Case Sparse. Poco più che un borgo con alcuna rilevanza fino a quando si racconta non avvenne un allagamento dell’intera area dovuta ad un repentino innalzamento del livello marino. Le cronache la ricordano come onda anomala. Sta di fatto che tutto andò sott’acqua. Così il consiglio di zona, costituito dai pochi abitanti di Fiume Uniti si riunì e si mosse per far trasformare la località in frazione riconosciuta dal Comune con l’ottenimento di tutti i benefici che ne sarebbero derivati. Il comune di Ravenna Aristide Canosani alla delibera del Consiglio Comunale in data 1/6/1978 con attribuzione del toponimo di Lido di Dante – scelto dagli scarsi abitanti in modo plebiscitario – diventando operativa il 21/8/1978. Le strade della località che fino ad allora erano indicate come parallele o traverse alla Marabina (unica strada che congiunge Ravenna alla località) presero le indicazioni suggerite (1982) dagli abitanti, nomi che compaiono nella Divina Commedia a ricordo di quanto Dante scrisse in proposito delle pinete ravennati.
Da chè è rinata con un nuovo nome è cambiata pochissimo.
Ci sono case costruite non più di vent’anni fa, tutte bassine addossate l’une alle altre, pulite in ordine. Molte sono seconde case di “gente” che viene dal di fuori. Come li appellano loro, quella manciata di romagnoli vecchio stampo che di sbieco sulla sedia dell’unico bar nell’unica piazza commentano tutto e tutti. Si dice non amino la “reclame” come la chiamano. E si vede perché oltre alle obbligatorie stradali non vi è avviso, cartello, tabellone che indichi e spieghi, anche brevemente, quel che si può trovare.
A Lido di Dante non si arriva per caso. C’è una unica strada, e quella è. Se provi ad arrivarci con altre indicazioni ti trovi impantanato in percorsi polverosi che portano chissà dove. Bisogna percorrere la Marabina, dritta, fianco il fiume e con l’altra sponda sulla campagna piatta fin da lasciarti intravedere la ruota panoramica di Mirabilandia.
Un panorama inconsueto che non ti aspetteresti.
La strada finisce direttamente a pochi metri dal mare Adriatico, nello spazio riservato al parcheggio, tra le onde e i quattro stabilimenti balneari. Stabilimenti moderni, con tutti gli accessori,ristorazione compresa, punto di ritrovo anche invernale per incontri a tavola.
Se ti aspetti qualcosa di più scordatelo. Le comodità sono un optional: niente alberghi di lusso,un paio di residence. Al massimo graziose villette a schiera in affitto, una sosta camper efficiente e un paio di campeggi super-attrezzati con casette prefabbricate e piazzole per le tende.
Ci si rende subito conto che qui è la Natura che detta le regole. Se ci si spinge oltre il primo stabilimento balneare, passeggiando sulla spiaggia o in mezzo alla pineta (a piedi o in bicicletta usando il percorso indicato – le auto sono bandite), si arriva in una mezz’ora alla Riserva Naturale della Bassona.
Qui, Lido di Dante mostra davvero un volto inaspettato perché nell’affollata e cementificata costa romagnola si scopre un tratto di costa forse di com’era un tempo: ciuffi d’erba, dune di sabbia, tronchi e legno ritorto spinto a riva dal mare, la riga scura dei pini, alti e robusti che frusciano nel vento.